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CONTRO SGOMBERI, SFRATTI ED ESPROPRI – CORTEO a Genova

La cronaca locale dei giornali cittadini di questi ultimi mesi ha riempito le proprie pagine con articoli su occupazioni di anarchici, sfratti di inquilini morosi di case popolari, espropri per la realizzazione del Terzo Valico. E’ ora di dire qualcosa al proposito.

A Genova sono attualmente nel mirino del Comune oltre quattrocento famiglie che stanno vivendo in case popolari senza pagare l’affitto. Verranno sfrattate il prima possibile.

Come ricordano i giornali, uno sfratto per morosità a così tante persone, tutte assieme, non si è mai verificato a Genova. Non importa che il paese sia sull’orlo del collasso e che le persone perdano lavoro e casa; per il Comune è inaccettabile che ci si rifiuti di pagare per avere un tetto. Da un lato perché deve fare cassa, e lo fa sulla pelle dei proletari, dall’altro è necessario che passi un messaggio: non si possono rifiutare le loro tasse e le loro imposizioni, si tratti di occupazioni o sfratti morosi non ci si può sottrarre ai meccanismi sociali che riproducono privilegio ed esclusione.

Nel centro storico sotto attacco delle autorità ci sono le occupazioni di quelli che loro chiamano “antagonisti, anarchici, centri sociali”. Ad agosto è stata sgomberata la casa occupata Giustiniani 19. Chi l’aveva occupata era stanco di pagare un affitto, voleva aprire uno spazio di confronto, dibattito e lotta, convinto che riappropriarsi di ciò che è nostro e praticarlo insieme fosse un modo per iniziare.

Oggi sono sotto minaccia di sgombero le successive occupazioni di Piazza delle Vigne 4, un palazzo storico abbandonato da 18 anni aperto e rimesso a disposizione della città, e quella di Vico Untoria 3, occupazione abitativa e di contrasto al progetto di gentrification del Ghetto.

Infatti dietro la retorica della riqualificazione del centro storico c’è, da parte delle Istituzioni, un’idea e un progetto di città come merce da vendere ai turisti e ai ricchi che non tollera voci e presenze dissidenti.

In Valpolcevera infine il Comune, insieme al Cociv, sta da mesi tentando di espropriare terre e case per realizzare il Terzo Valico, variante genovese del TAV, ovvero una grande opera costosissima, dannosa e utile solo a padroni e lobbies mafiose. Nel momento in cui non ci sono più soldi per niente e piovono tagli e licenziamenti quest’ulteriore ferita nella già martoriata Valpolcevera viene giustificata con la necessità di far viaggiare più veloci manager e merci, in una parola, il profitto!

Riqualificare/gentrificare il centro storico espellendo i poveri, sfrattare i morosi e sgomberare occupanti, costruire il Terzo Valico sono facce dello stesso progetto: profitto, speculazione, guerra ai poveri, modellare un mondo a misura dei ricchi. Mentre tutto sta per crollare, è importante per mafiosi e affaristi spremere le ultime gocce e contemporaneamente dare un’immagine luccicante e rassicurante che nulla sta accadendo.

Attraverso queste storie che s’intrecciano si dimostra in modo chiaro quali sono i piani dei potenti; levandoci case dove vivere e spazi dove condividere esperienze vogliono renderci sempre più deboli, isolati e ubbidienti. E’ urgente rompere il silenzio, prendere posizione e scendere in strada. E’ urgente reagire e praticare la solidarietà perché solamente insieme, soltanto mettendo in comune le lotte possiamo costruire quella forza sociale in grado di opporsi ai piani dei potenti, in grado di trasformare le nostre vite.

 

NO GENTRIFICATION – NO TERZO VALICO

SABATO 27 OTTOBRE

 H. 15.00 PIAZZA RAIBETTA

CORTEO

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LovinGenoa? Stop Gentrification!!!

 

 

 

 

 

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Verso il corteo di sabato 27….

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Vigne 4 sgomberato….

Le istituzioni locali e la questura insistono

E’ successo un’altra volta….

Questa mattina (16 ottobre), alle prime luci dell’alba, polizia e carabinieri in forze hanno sgomberato palazzo Grillo in piazza delle Vigne 4, stabile che era stato occupato il 7 Agosto in risposta allo sgombero subito a Giustiniani 19 (in via dei Giustiniani).

Palazzo Grillo, di proprietà pubblica dell’A.R.T.E., era in completo abbandono da quasi vent’anni. Occupandolo abbiamo scoperto le ricchezze che i governanti di questa città nascondono ai loro cittadini. Lo abbiamo aperto a tutti, lo abbiamo fatto respirare, lo abbiamo fatto rivivere, da esso è transitata gente che ha portato idee e critiche.

Le Vigne liberato dalle grinfie degli interessi privati di affaristi e dalle speculazioni edilizie era diventato uno spazio di tutti, uno spazio di incontro e sperimentazione reale dell’autorganizzazione e dell’autogestione, per creare un altro modo di stare assieme, al di fuori delle logiche di mercato e delle gerarchie alle quali siamo abituati. Ci siamo riproposti la riconquista di quei principi di gratuità, solidarietà e mutuo-appoggio, attraverso il libero scambio di saperi e conoscenze, con i laboratori artistici o sportivi e le iniziative che sono nate nelle stanze di questo palazzo, e con la quotidianità che si è creata attraverso la libera partecipazione di ognuno di noi.

Soprattutto adesso che tolgono non soltanto i tetti a chi non riesce a pagare un affitto, ma anche gli spazi di incontro e socialità, strade, piazze, a tutti… Spazi che vengono volutamente ridotti dal potere e tolti alla libera convivenza delle persone in quanto pericolosi per la loro capacità di renderci autoconsapevoli delle nostre vite, attraverso l’incontro e il libero dibattito che può concretizzarsi in prese di posizioni e ribellioni.

Stamattina, dopo lo sgombero, siamo andati spontaneamente a far “visita” ai responsabili del degrado delle nostre vite al Consiglio Regionale. Abbiamo sospeso per una buona mezz’ora il consiglio per ribadire che è l’ora di farla finita con gli sgomberi degli spazi sociali e con gli sfratti di chi una casa non ce l’ha. Abbiamo ribadito i motivi per cui  in un momento di crisi occupiamo e non vogliamo più delegare ai parassiti in doppiopetto e tailleur le nostre vite.

Il 27 vi invitiamo tutti a un corteo per rompere la divisione dei nostri problemi e delle lotte e dare una risposta collettiva contro tutto ciò che sta accadendo: sgomberi, sfratti, riqualificazione di quartieri ed espropri di terre e abitazioni per il terzo valico.

27 OTTOBRE

H.15 PIAZZA RAIBETTA

CORTEO

CONTRO SGOMBERI, SFRATTI E ESPROPRI

ROMPIAMO LE DIVISIONI,  UNIAMO LE LOTTE

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Altre 23 denunce a Genova per la contestazione a Caselli… NO TAV

In questi giorni vengono notificate a Genova le denunce per la contestazione a Caselli, la cui presenza a Genova il 21 febbraio scorso dovette essere garantita da decine di reparti della Celere…

Riportiamo quanto scrivemmo e dicemmo all’epoca per ricordare chi è Caselli e quale il suo ruolo nella repressione del movimento NOTAV:

“Giancarlo Caselli, non è semplicemente l’attuale procuratore capo di Torino: come ex procuratore antimafia, Caselli è anche un simbolo apparentemente intoccabile per tutta una sinistra convinta che giustizia sia sinonimo di galera. Con il suo ruolo si vorrebbe nascondere l’evidenza degli interessi di affaristi collusi con la mafia nell’attuazione del treno ad alta velocità in Valsusa.

Ma il movimento NOTAV ha dimostrato efficacemente che lottare contro il treno veloce significa lottare contro gli interessi dei padroni (che siano o no mafiosi) e contro lo Stato che li difende; significa riappropriarci delle nostre esistenze e dei nostri spazi di vita. Noi sappiamo benissimo che mafia e Stato sono due sistemi di potere in bilico tra la reciproca collusione e il contrasto per l’egemonia. Noi sappiamo che lottare contro la mafia significa lottare contro lo Stato, e viceversa. Non sarà un procuratore ammantato di santità a cambiare le carte in tavola.

Noi non dimentichiamo il ruolo di Caselli negli anni ottanta nella conduzione dei processi contro gruppi rivoluzionari e movimenti sociali. Noi non dimentichiamo il suo sostegno, nel ’98, quando erano ancora pochi i nemici dell’alta velocità, all’inchiesta che portò all’arresto e alla morte in carcere di Edoardo “Baleno” Massari e Soledad “Sole” Rosas.

Portare l’esperienza della lotta in Valle nelle strade delle nostre città significa per noi riproporre le pratiche del blocco e dell’assedio privandole di ogni significato simbolico, significa porsi come obiettivo l’impedire a Caselli il suo ipocrita teatrino antimafia di facciata così come in Valsusa ci si pone quello di impedire la Tav.

Caselli non deve parlare! Fuori tutti dalle galere! Con Sole e Baleno nel cuore”

Solidarietà a tutti i denunciati

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AmandoGenova: la città vetrina che vuole l’amministrazione…

Clicca per vedere il video promozionale:

LovinGenoa

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No alla riqualificazione

Qualche giorno fa il sindaco di Genova Doria ha fatto un giro per il Centro storico con il prefetto Musolino per indicargli i punti sensibili della riqualificazione che la sua Giunta vorrebbe finalmente realizzare dopo le tante chiacchiere, promesse e delusioni degli ultimi anni.
Facciamo un passo indietro, andiamo al 2004, quando Genova era Capitale europea della cultura e la riqualificazione del Centro storico sembrava imminente, e traiamo alcuni spunti di riflessione dai frammenti di un articolo dell’epoca sulla zona più “delicata” all’interno di quel progetto, il Ghetto.

VICO UNTORIA
Qui c’era il Ghetto ebraico e ai giudei del 1600 (sefarditi, dunque di origine iberica) pare venisse imposto di sostare, nelle feste comandate della cristianità, sotto le immagini sacre (madonne, cristi, santi di ogni genere e categoria) poste nelle nicchie (oggi vuote) di Vico del Campo, Vico Untoria, Piazzetta Fregoso, Vico delle Cavigliere, Vico dell’Olio, Vico della Croce Bianca, Vico degli Adorno e – insomma – per farla breve, di tutti i carrugi che stanno a ridosso di Via del Campo.

Sono i carrugi dei travestiti e dei transessuali: in un articolo di giornale leggo “vicoli di prostituzione maschile” ma la definizione suona improbabile; di maschile (non so, penso ai pasoliniani “ragazzi di vita”) il popolo dei travesta e dei trans ha poco e se su questo poco vi gusta fare battute, fatti vostri: poco o tanto che sia o misuri, il belìn che portano tra le gambe è altro dal comune belìn: così come è altro dal clitoride.
[…] Nella città in salita affrontata e sfregiata dalla pianura d’asfalto dell’Expò, dai professionisti che forse un giorno o l’ altro si insedieranno anche lì, c’è già un piano che prevede il “risanamento” del Ghetto. Ma il Ghetto non è malato. Non più di Cornigliano, fatta fuori dal fumo e dalla violenza prima dello Stato Padrone ora del Padrone imprenditore, singolo, con nome e cognome.
[…] Ci sono, sui muri del Centro Storico, manifesti cupi. Manifesti che dicono: I RICCHI A BEGATO, QUI NEI VICOLI CI STIAMO NOI. Sono cupi perché chi vado a cercare per dire: sono d’accordo, scriviamo al Sindaco, alla Giunta. Facciamoci vivi sui giornali. Dico cupi, luveghi, e non terroristici o chissacosa. Cupi e velleitari, parlano solo a chi è già in sintonia, a chi gli dà già – come me – ragione.
Il problema è enorme. I padroni della città vogliono che il Centro Storico diventi un paesotto turistico come Arenzano, Taormina, Bonifacio, Camogli. Ergo: deportazione degli impresentabili nei quartieri-dormitorio collinari: Begato, Biscione, Lavatrici, Cep. Dove vivono, dagli anni ’70, pugliesi, calabresi, lucani, siciliani, napoletani sottoccupati, quando andava e va male, operai e muratori o qualche pizzaiolo quando va bene. Ma bene davvero.
Però, dice Mara, “nel Ghetto abbiamo comprato tutti, ognuna è padrona, proprietaria del suo localino, del basso”. Così i padroni della città dovranno pagare per metterci sopra le mani, i pellerossa se ne andranno ma risarciti, questa volta. Ed è già molto. Però, sì, certo. Se non mollassero? Se rimanessero?
Gianni Priano, Genova 2004. Lucciole, lanterne e capitale
http://www.ilportoritrovato.net/html/giannipriano22.html

Sono passati otto anni da quel 2004 e il progetto di riqualificazione del Centro storico è avanzato; come dimostra la zona di San Lorenzo e vie limitrofe, riqualificare un quartiere non significa renderlo più vivibile per chi da sempre ci risiede – ovvero, in questo caso, tanti poveri, immigrati e “irregolari” – ma renderlo una residenza appetibile per i benestanti e un salotto accogliente per i turisti. La conseguenza è l’espulsione “dolce” dei suoi abitanti storici verso periferie lontane e spesso invivibili.
Il bando, chiuso nei giorni scorsi, con cui il Comune vuole assegnare, nel Ghetto, il palazzo di Vico Untoria 3 a “giovani coppie” è l’ennesimo tassello di questo complesso progetto. Il bando, falsamente spacciato come “sociale”, ha una chiara volontà di “imborghesire” (gentrificare) questo quadrilatero di vicoli: i 410 euro di affitto e tutte le altre caratteristiche richieste dal bando per accedere agli alloggi – un reddito fisso e non certo da poveri (tra i 18000 e i 32000 euro a nucleo familiare) in primis – escludono non solo i più bisognosi ma anche la gran parte delle persone.
E’ chiaro che i padroni della città vogliono insediare nei vicoli chi già sta bene e dare un’altra immagine del quartiere. Poco più di un mese fa abbiamo occupato quel palazzo per abitarci e per contrastare questo progetto.
Otto anni dopo quei manifesti che alcuni di noi affissero sui muri dei vicoli e a cui fa cenno l’estensore dell’articolo, I RICCHI A BEGATO, NEI VICOLI CI STIAMO NOI è diventato un opuscolo (passate a prendervelo!) con cui abbiamo voluto squarciare quel velo di autoreferenzialità e velleitarietà, per rendere evidenti e poter contrastare assieme, in tanti, le trame del potere sulla città e sulle nostre vite in questi tempi… questi sì oltremodo cupi e luveghi.
Il potere regna anche attraverso il monopolio del linguaggio e del senso delle parole. Diventa allora fondamentale decifrare e decostruire la retorica sulla riqualificazione, il degrado, il decoro delle città con cui veniamo bombardati e manipolati tutti i giorni. Cosa degrada e cosa riqualifica veramente le nostre vite? Le merci e il denaro dei negozi, il consumo coatto nei locali della movida, la noia e lo sguardo spento dei turisti, l’alienazione dei centri commerciali, la cultura di plastica dei grandi “eventi” organizzati dall’alto: tutto ciò di cui vorrebbero riempire queste vie noi non abbiamo dubbi che sarà, per noi, fonte di degrado materiale e spirituale.
Quello che invece loro chiamano degrado (microcriminalità, spaccio, ecc.) lo si può risolvere soltanto affrontandone assieme, dal basso, le cause, e non delegandone la repressione alle “forze dell’ordine”, che mai andranno a cercare i veri gestori della grande criminalità nei quartieri ricchi
dove vivono e da dove muovono i fili dei loro affari.
Laddove la loro riqualificazione ha avuto successo – ovvero in tutte le città medie del Nord Italia e in alcune più grandi come Firenze e Bologna –, i centri storici sono diventati materialmente invivibili per tutti i poveri e le persone che non rientrano nei canoni della “normalità”. Per ottenere ciò, i sindaci di queste città si sono associati attraverso un patto (la Carta di Parma, firmata nel 2008) che ha chiesto e ottenuto dal Ministero dell’Interno (allora il leghista Maroni) poteri speciali sul tema della sicurezza, agitandone lo spauracchio per poi nei fatti criminalizzare e bandire forme di vita e comportamenti banali che hanno l’unica “colpa” di non servire il regno e l’immagine della merce: così in queste città non si può più sedersi sui gradini di un palazzo e chiacchierare, mangiare un panino senza consumare nei locali, bere una birra per strada, giocare a palla in una piazza, dormire su una panchina; e il passaggio/messaggio che vogliono far passare, tra il non decoroso e il criminale, è assai breve… Piazze e strade non sono più pubbliche, ovvero di tutti: la città è morta, nei loro piani.
La riqualificazione crea ovunque delle zone urbane anonime che garantiscono affari ai grandi commercianti e speculatori e impediscono la vita a tutti gli altri. Ovviamente a presidiare questo mondo di plastica, a garantire che nulla possa turbare la sua quiete mortifera, plotoni di poliziotti e vigili urbani (gli alpini addirittura grazie sempre a Maroni), nonché ovviamente telecamere e altri dispositivi di sicurezza; a Genova il G8 ci ha lasciato in eredità la “moda” dei cancelli a chiudere e rendere inaccessibili decine di vicoli che, non ospitando negozi, risultano “inutili” e quindi pericolosi… perché perdersi, giocare con lo spazio, abbandonarsi all’esplorazione devono essere proibiti in un mondo in cui l’immaginazione, l’immaginario e tutto ciò che li stimola, sono sovversivi e quindi una minaccia.

Caro sindaco, caro prefetto, cari mandanti di questi vostri burattini, visto che questa è la vostra riqualificazione non abbiamo paura a dire che noi siamo contro di essa e che contro di essa lotteremo. Ci chiameranno untori del degrado per questo, ma poco importa, da sempre chi non si rassegna a subire docilmente i piani decisi dall’alto viene bollato come criminale, teppista, appestatore. Speriamo di essere in tanti a ricacciargli in gola la loro retorica.
Oggi il Comune, tramite la voce dei giornali locali, ci fa sapere che noi da Vico Untoria, come tanti altri occupanti “abusivi” di case pubbliche in giro per la città, ce ne dobbiamo andare in breve, e che nel caso non decidessimo di sloggiare di nostra spontanea volontà, “la palla passerà alla Questura”. Nessuna novità o stupore, avremo l’ennesima dimostrazione di qual è il ruolo della polizia in questo mondo, qual è l’Ordine di cui rappresentano le “forze”. D’altronde cosa c’è di più esplicativo della mafia che ci spacciano per “progresso” del fatto che i soldi per la ristrutturazione del palazzo di Vico Untoria (e del Ghetto più in generale) li ha messi il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, lo stesso che ha deciso che il TAV, il Terzo Valico, la Gronda sono opere irrinunciabili? E cosa c’è di più esplicativo della natura del potere e delle istituzioni come strutture di quella stessa mafia, se lo stesso sindaco di Genova afferma candidamente che da cittadino sarebbe contro la Gronda stessa, ma che in quanto sindaco non può che essere favorevole?
Che ci mandino pure la celere nel Ghetto il sindaco Doria e la Questura; noi da qui non ci muoviamo e in ogni caso continueremo a tenerci ancorati a questi vicoli stretti e belli, perché, come dicono ad altre latitudini, la passione per la libertà è più forte di ogni autorità.

Vico Untoria 3
vicoli_notav@autistici.org

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A.A.A. prendesi casa… in tempi di crisi.

Come ogni anno Genova accoglie in piazza Caricamento la Festa Democratica.
Tra uno stand della Folletto, una piadina romagnola e dibattiti di basso livello il Partito Democratico rivela sempre di più la sua natura: un partito di amministratori in un epoca in cui amministratore coincide sempre più con affarista. Da anni non ha neanche più pretese pseudoriformiste, più che altro il PD fa affari. Li fa sulla sua Festa, dove le paghe sono misere e in nero, li fa sul Terzo Valico, li vorrebbe fare sulla Gronda.
A livello nazionale i suoi dirigenti sono perfettamente inseriti nella casta, intenzionati a rimanere al potere e in perfetta linea con le direttive europee sulle misure economiche e sull’austerity.
Dove il PD non fa affari, difende quelli altrui. Un partito di affaristi non può che governare in nome dell’economia, difendendo il profitto, privatizzando, svendendo, garantendo la speculazione edilizia e immobiliare.

Ieri alla Festa Democratica si parlava di casa (“A.A.A. Cercasi casa in tempi di crisi“). Non siamo andati a dire la nostra. Cosa dovremmo dire a chi parla di cose che non conosce? O a chi, se le conosce, si trova nell’impossibilità materiale di poterle affrontare? In un comunicato stampa del Ferragosto scorso in riferimento alle occupazioni di piazza delle Vigne 4 e vico Untoria 3 la Giunta invitava al dialogo e dichiarava di “prestare la massima attenzione all’emergenza casa” e di porsi in continuità con l’amministrazione precedente.
Si riferiscono forse all’Agenzia sociale per la Casa creata dalla Giunta Vincenzi, quella che pone come criteri minimi per potervi accedere un reddito tra i 10500 e i 30600 euro e non avere mai avuto sfratti per morosità?
Viene da ridere e verrebbe da chiedersi dove dovrebbero vivere i disoccupati, i clandestini, i precari, i lavoratori in nero, gli sfrattati… ma abbiamo poca voglia di stare a scherzare.

Le amministrazioni pubbliche e la Politica in generale non hanno ne la volontà ne la possibilità di risolvere le decine di emergenze sociali che ci troveremo ad affrontare nei prossimi tempi, si tratti di licenziamenti, rincari, sfratti.
In questo senso l’operazione Doria è doppiamente pericolosa perché si pone come un governo (falsamente) vicino ai cittadini e partecipato; soprattutto Doria è pericoloso perché vorrebbe illuderci di potersi svincolare dai poteri forti locali, in nome dei quali in realtà amministra la città.
Ciò che non produce profitto non può essere interessante per chi detiene il potere, a prescindere dal colore e dalla bandiera. Non c’è alcuna democrazia partecipativa che tenga, nessun neowelfare possibile all’orizzonte.
Di cosa dovremmo dialogare quindi?

Oggi occupiamo l’edificio di vico del Duca, a dieci metri da Palazzo Tursi, perché è vuoto da anni, come molti altri. Non a caso è di proprietà del Comune, ristrutturato ma non terminato, appetibile perché a due passi da Via Garibaldi, problematico perché a quattro passi dalla Maddalena. Si attendono tempi migliori, immaginiamo, con maggiori profitti e magari con una bella riqualificazione del quartiere che allontani poveri e immigrati.
Apriamo, solo per qualche ora, l’ennesimo spazio vuoto per mostrare cosa e chi c’è dietro alla speculazione immobiliare e all’emergenza abitativa, e che gli spazi, per chi ne ha bisogno, ci sono.
Lo occupiamo soprattutto per mandare qualche messaggio.
Quello che abbiamo è quello che ci siamo presi e dove siamo restiamo. Se le autorità pensano di sbarazzarsi di noi mettendo le mani sulle Vigne e Untoria così come hanno fatto con Giustiniani, a suon di sgomberi e denunce, ci troveranno alle loro porte, nelle strade e chissà dov’altro ancora.
A tutti coloro che sono in condizioni simili alle nostre o semplicemente si sono stancati di fare un lavoro di merda per pagare affitti indecenti e vivere con l’acqua alla gola, diciamo che bisogna resistere, perché ci stanno togliendo anche quel poco che ci resta!! Bisogna iniziare ad organizzarsi, perché nessuno altrimenti ci concederà alcunché.
Tutto ciò che ci manca e che ci viene negato è da sempre nelle mani dei soliti.
E’ giunta l’ora di allungare le mani.
Le case sfitte a Genova sono 44mila.
Prendiamole, occupiamole, perché basta poco. A volte basta una pedata ad una porta.

vigne 4 occupato, untoria 3 occupato,

giustiniani19 in esilio, amici e solidali

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Giustiniani19 dopo lo sgombero del 7 agosto….

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Contro sgomberi, sfratti ed espropri. Corteo a Genova 27 ottobre 2012

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opuscolo su Gentrification a Genova: “I ricchi a Begato, nei vicoli ci stiamo noi”

Scarica a questo indirizzo l’opuscolo sulla Gentrification in Centro Storico a Genova

http://giustiniani19.noblogs.org/files/2012/09/dastampare.pdf

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Il Ghetto: riqualificazione e gentrificazione, cosa sono, a chi servono.

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Dialogare con chi? Partecipare a cosa?

Abbiamo letto con interesse gli articoli sulla stampa genovese di questi giorni riguardo alle ultime occupazioni in città.

Abbiamo letto anche le dichiarazioni dei responsabili di A.r.t.e. e di Arred così come quelle del sindaco Doria e il comunicato stampa del Comune di Genova.

Anche l’ex segretario CGIL ed ex sceriffo di Bologna Sergio Cofferati ne ha approfittato per uscire dalla scarsa considerazione pubblica di cui gode ultimamente. A parte invocare per chi occupa la “tolleranza zero”, e lui è un esperto, non si capisce uno che campa con lo stipendio da europarlamentare e che ha passato la vita a distruggere le condizioni materiali di milioni di proletari, cosa possa saperne e come possa permettersi di parlare di “bisognosi”.

Si fa un gran parlare e pare che sull’esigenza abitativa tutti si mostrino improvvisamente molto sensibili.

Evidentemente le recenti occupazioni e sgomberi stanno costringendo gli amministratori cittadini a prendere una posizione su un dramma sociale di cui sono tra i primi responsabili: centinaia di persone sono senza un tetto o nell’impossibilità materiale di permetterselo, al contempo migliaia di case restano vuote, sfitte, per pura speculazione, per mantenere alti i prezzi del mercato immobiliare. Qualcuno, non solo noi e ci mancherebbe altro, occupa.

Ora però, di fronte a questo teatrino mediatico montato, alcune cose devono uscire dall’ambiguità.

Intanto, Vladimiro Augusti, amministratore unico di Arte, ha poco da preoccuparsi per “gli affreschi e il patrimonio artistico da preservare” di Vigne 4. Strano che non l’abbiano preservato in questi ultimi quindici anni, in cui, come al solito, si sono preoccupati solo della facciata. Chiunque può venire a vedere lo stato di degrado e incuria in cui giace l’edificio, anche solo attraverso la mostra fotografica allestita ogni giorno in piazza delle Vigne. Non c’è nessun danneggiamento in atto, peggio di loro non possiam fare.

Noi abbiamo occupato Vigne 4 e vico Untoria 3 in conseguenza allo sgombero di Giustiniani 19.

Ci hanno tolto le case e gli spazi sociali. Ce ne siamo presi altri.

Il gioco dello scaricabarile non può durare a lungo. La Giunta si assuma le sue responsabilità, altrimenti che si prenda atto di quanto poco la Procura e la Questura locali la tengono in considerazione.

Detto questo, la lotta per la casa non si esaurisce con le occupazioni di qualche antagonista: a breve in molti dovranno scegliere come organizzarsi di fronte alla crisi e alla miseria che avanza. Se condurre una vita di stenti e sacrifici o iniziare a non pagare, non pagare più per arricchire i soliti.

Ci auguriamo di essere presto solo alcuni tra i tanti, al loro fianco.

Noi non abbiamo troppo questionato la lentezza delle assegnazioni: essa è un fatto storico e connaturato nei suoi meccanismi burocratici, utile perché più la gente sta in attesa, con l’acqua alla gola, più è ricattabile.

Abbiamo piuttosto contestato il bando di Untoria in sé stesso e quanto scrive Tursi nel suo comunicato stampa conferma le ragioni per opporvisi.

Il comune dice che “le tipologie di reddito e le condizioni per l’assegnazione differiscono a seconda degli interventi proprio per garantire… in definitiva l’accesso alla casa anche per le persone a bassissimo reddito”.

Il suo progetto è quindi di collocare le persone in modo classista. Cosa significa?

Significa, per chi conosce i risultati storici di una certa urbanistica, Edilizia Popolare, significa appartamenti fatiscenti, servizi inesistenti o quasi, significa Begato, il Cep, piazzale Adriatico, il Biscione, significa i poveri ammassati nelle periferie, nei quartieri dormitorio accanto ai veleni industriali o nel bel mezzo della cementificazione più selvaggia.

Hanno costruito le città a misura di profitto, hanno trattato le valli, i quartieri e le persone come pedine sullo scacchiere dei loro interessi.

Lo hanno fatto per decenni. Altri anni? Altri politici? Altri modelli di sviluppo?

No, sono sempre gli stessi. E sono gli stessi di sempre. Dalle loro villette d’Albaro, nei palazzi di Castelletto o via Garibaldi, pretenderebbero ancora di decidere chi deve abitare dove e cosa dev’essere riqualificato e come.

Pretendono ancora di bucare le montagne, di espropriare le case della gente, di costruire infrastrutture devastanti utili solo a padroni e mafiosi. Sono ancora lì, mentre piovono licenziamenti, debiti, sfratti, tagli a qualsiasi cosa, a dirci, senza alcuna vergogna, che dobbiamo andarcene dall’occupazione di Vigne 4 perché devono spendere quattro milioni di euro per farci un museo del cioccolato!

Dovremmo davvero dialogare con loro? Per partecipare a cosa?

Pensano ancora di poterci imporre delle “condizioni imprescindibili” dopo che ci hanno tolto tutto?

Dovremmo avere “rispetto per una democrazia e una legalità” che esistono unicamente per garantire il privilegio e bastonare chi alza la testa?

Vincenzo Scolastico, il pm che ha richiesto lo sgombero di Giustiniani 19, che da mesi riempie di denunce noi, gli studenti, gli operai Fincantieri e che prova a teorizzare improbabili reati associativi, è stato sollevato dall’incarico Antimafia per collusione con… la mafia.

Hanno poco da farci la morale, ma soprattutto, sia chiara una cosa: noi non abbiamo mai firmato nessun contratto sociale, non abbiamo mai partecipato alla definizione di regole comuni, tantomeno leggi, con chi ha la pretesa di governarci. Il loro potere non ha alcuna legittimità e deriva solo dalla loro forza, dal monopolio della violenza, che è quella che mettono in campo quando qualcuno si ribella: manganelli e galera.

Il problema della casa non è un problema nostro ma di tutti. Precisamente, la casa è una piccola parte della più ampia questione sociale. Qui non c’è nessuna guerra tra poveri. Se c’è una guerra in corso è quella condottacontro i poveri.

E’ una guerra quotidiana ed eterna. Si tratta di subirla o reagire.

Noi siamo tra quelli che tentano di non subire solamente. Vogliamo indietro tutto, e lo vogliamo per tutti.

Possono sgomberarci ancora, possono blindare tutti i palazzi vuoti che apriremo, possono mettere la celere davanti a ogni portone. Noi continueremo per la nostra strada, perché crediamo che solo noi, col nostro agire diretto possiamo soddisfare i nostri bisogni, che solo attraverso la lotta autonoma si possano ottenere dei risultati concreti.

Chiedendo, protestando, niente ci verrà concesso.

Continueremo a difendere quel che conquisteremo. Soprattutto continueremo a difendere l’affetto e la solidarietà ricevuta in questi giorni e in questi mesi. Quelli che decidono nei Palazzi del potere non possono capirlo ma questo è quello che ci fa andare avanti, che ci dimostra di essere sulla strada giusta. La convinzione delle nostre possibilità, di quel che possiamo costruire insieme ad altri è più forte dei manganelli e delle minacce.

Noi andiamo avanti. Non cediamo alle intimidazioni.

10 100 1000 occupazioni.

centro storico genovese, Ferragosto 2012

quelli/e di Giustiniani 19, di Vigne 4 occupata, di vico Untoria 3 occupato, amici e compagni

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Occupazione Vico Untoria 3

Oggi 12 agosto prendiamo possesso dei sei appartementi di Vico Untoria 3, nel Ghetto del centro storico genovese. Li occupiamo perché siamo tutti senza una casa, da quando, martedì 7 agosto, le autorità genovesi hanno deciso di sgomberarci dalla casa occupata di via dei Giustiniani 19. Li occupiamo perché non possiamo permetterci un affitto e perché riteniamo giusto e legittimo non pagarlo nel momento in cui decine di migliaia di spazi, abitativi e non, vengono lasciati vuoti e inutilizzati dalle amministrazioni pubbliche, dalla Chiesa e da ricchi privati di vario genere per mantenere alti i livelli del mercato immobiliare. Li occupiamo perché vogliamo continuare a vivere insieme, perché crediamo che l’autorganizzazione e la condivisione reale siano anch’esse modi per fronteggiare la miseria materiale e affettiva a cui l’attuale società costringe tutti quanti.

Occupiamo questo edificio consapevoli che a fine mese partirà un bando di concorso per la sua assegnazione.

I proprietari, Ri.Genova e il Comune, diranno che rubiamo le case ai poveri, che ostacoliamo un progetto sociale, un esempio concreto di sana gestione della “cosa pubblica”.

Non è così. Abbiamo letto il bando e abbiamo capito le reali intenzioni del Comune e di Ri.Genova su questo edificio e sulla generale riqualificazione di questa fetta di centro storico.

Abbiamo capito che per la giunta Doria, quella dell’amministrazione partecipata, la giunta vicina ai cittadini, per avere “diritto” ad una casa bisogna, sostanzialmente, non essere poveri. Di fatto bisogna avere tutte quelle garanzie sociali che da anni stanno venendo meno come un lavoro fisso e un reddito stabile. E’ necessario non avere debiti con Equitalia o enti affini, non aver subito sfratti per morosità (proprio nella città che ne presenta, con il 73%, la più alta percentuale d’Italia); meglio ancora essere una coppia etero e un nucleo familiare tradizionale.

Tutti questi criteri di assegnazione evidenziano uno scollamento dalla realtà sociale fatta di precarietà, disoccupazione, indigenza e la volontà di escludere una buona fetta di popolazione con bisogni e necessità urgenti, dettati proprio da quelle condizioni materiali e umane non considerate prioritarie dal Comune. Si escludono anche tutte quelle forme di convivenza e condivisione non normate, liberamente scelte e praticate come sostegno e appoggio reciproco alternative alla famiglia tradizionale.

Si tratta di una scelta precisa che mostra quale tipo di riqualificazione l’amministrazione vuole attuare, guardando anche agli altri interventi che si stanno portando avanti.

Il quartiere del Ghetto, oggi presentato come una delle zone buie del centro storico, in mano al degrado, allo spaccio e alla criminalità, con un’altissima precentuale di immigrati, dovrebbe subire quella serie di interventi urbanistici tipici ormai di moltissimi centri cittadini d’Europa e nota come gentrification: rimessa a nuovo estetica, innalzamento dei prezzi immobiliari e commerciali, espulsione dei suoi storici abitanti e comunità popolari ed inserimento di nuove fasce di popolazione abbienti per rimodellarne il volto.

Non vi sarà alcun posto, nel Ghetto del futuro, per chi lo vive, lo anima e lo valorizza con la sua presenza. Piuttosto diventerà una vetrina chic per i turisti, con la sua particolarità storica mantenuta solo di facciata, abitato da manager e ricchi con pruriti alternativi.

Un processo di questa portata non si realizza da un giorno all’altro. Non sarebbe possibile, oggi, alzare di molto il valore immobiliare reale di questo quartiere. E, soprattutto, nessun ricco vi si inserirebbe, ora.

Ecco il perché di un bando simile. Inserire una fascia di popolazione intermedia che contribuisca a modificare a poco a poco la realtà sociale, spostando progressivamente i poveri lontano dal centro e ammassandoli nelle periferie.

Noi rifiutiamo di accettare la completa distruzione della comunità umana, del carattere popolare dei quartieri che ancora la conservano. Pensiamo che solo i rapporti reali e concreti della gente che li abitano possano valorizzarli e renderli vivi.

Noi non riconosciamo all’amministrazione comunale alcuna leggitimità per decidere sui nostri e altrui bisogni. Per queste ragioni ci riprendiamo una piccola parte di ciò che è anche nostro.

Noi siamo gli invendibili, gli incollocabili, quelli che, come tanti, non corrispondono ai criteri dell’assegnazione.

Da oggi siamo qui.

Il bando è chiuso.

giustiniani 19 in esilio

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DALLE VALLI AI VICOLI CI RUBATE LE CASE, CI RIPRENDIAMO TUTTO

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domenica 12 agosto 2012 ore 15
PRESIDIO IN PIAZZA DELLE VIGNE
contro sgomberi ed espropri, per l’autogestione!
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Con questa frase partiva il corteo da Via dei Giustiniani dopo lo sgombero della casa occupata per arrivare in Piazza delle Vigne 4 nel nuovo stabile occupato.

Mai come ora è più reale ed attuale questo concetto a Genova, dove , se da un lato in Val Polcevera il Cociv tenta di espropriare le case per fare spazio a cantieri di un’opera tanto faraonica quanto inutile, nel centro storico è avvenuto lo sgombero della casa con un’operazione meschina e affatto casuale. Non a caso, gli occupanti, da subito vicini e impegnati nel blocco degli espropri di terreni e abitazioni nelle valli, hanno in questi mesi creato un forte legame con la popolazione dando manforte alla loro lotta. Questo ha creato timore negli uffici questurini, che temendo una seconda Val Susa, hanno attuato lo sgombero.

Hanno creduto con questa operazione di poter bloccare il nostro impegno nella lotta contro il terzo valico e l’alta velocità. In realtà, impedirci di essere partecipi fisicamente agli espropri non ha indebolito la lotta nelle valli, rafforzandone anzi i rapporti e la solidarietà di chi ha visto in noi amici e compagni con cui si è intrapreso un percorso mirato al blocco dei cantieri e alla salvaguardia di questa vallata, già fortemente colpita da cementificazione e industralizzazione negli anni 60.

La nostra posizione non è limitata al blocco degli espropri ma è spinta dalla contrapposizione al progetto alta velocità, una mastodontica opera di cui è chiara l’inutilità per i cittadini delle valli, mentre si aprire la possibilità di creare una grande cassa per le tasche dei soliti speculatori del cemento.

Ma più di questo, è nei gesti quotidiani di questa lotta che abbiamo stretto un rapporto forte e concreto con gli abitanti delle valli, nei pranzi e cene allo stesso tavolo, nella condivisione dei momenti di attesa, cercando un passatempo mentre si aspetta l’arrivo di Cociv, Digos e forze dell’ordine, contaminando e facendosi contaminare, rafforzando sempre più la certezza di aver trovato nuovi complici, alleati nel percorso che abbiamo deciso di intraprendere.

Abbiamo deciso, tornando alla città, di rioccupare per rilanciare la nostra intenzione di prendere i luoghi lasciati all’abbandono in attesa di speculazioni, migliaia di alloggi mai assegnati, e palazzi storici in rovina. In risposta all’operazione poliziesca messa in atto ci siamo ripresi spazi che ci sono stati tolti per continuare a vivere in comune.

Nonostante la repressione dello stato, non finiremo mai di reagire e riappropriarci di tutto quello di cui sentiamo la necessità, quello che ci siamo presi finora è solo una parte di quello di cui abbiamo bisogno.

AVANTI TUTTA!

CASA OCCUPATA GIUSTINIANI19 IN ESILIO

ora in piazza delle Vigne 4 | Centro Storico | Genova

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GIUSTINIANI 19 NON SI ARRENDE!

Ieri,  martedì  7 agosto,  è stata sgomberata la casa occupata di via Giustiniani 19.
All’interno dei suoi spazi una ventina di compagne e compagni (stanchi di pagare affiti da rapina) avevano trovato un’abitazione, avviando una serie di attività autogestite, completamente gratuite, rivolte al quartiere, quali un corso di italiano per stranieri, una palestra con corsi di savate, yoga e tai chi, uno spazio dedicato ai bambini. Una biblioteca e  un mercatino di scambio vestiti  erano in allestimento.
Nel fondo pubblico, che si affaccia sulla via, sono state organizzate cene, momenti di socialità, ed iniziative politiche e culturali come proiezioni di film, presentazioni di libri, dibattiti, assemblee, ed era in fase di ultimazione una cucina popolare.
Abbiamo cercato di portare il nostro modo di fare socialità e antagonismo in centro storico occupando un palazzo vuoto da anni e abbandonato al degrado, recuperandolo quasi completamente e mettendo in sicurezza quasi la totalità degli spazi.
Ieri mattina le forze dell’ordine su mandato del PM Scolastico hanno messo fine, almeno per ora, a quell’esperienza.
A un compagno che per obblighi di firma si è recato in commissariato sono state requisite le chiavi del portone, mentre alcuni rocciatori salivano sul tetto da un terrazzo adiacente e più di cento tra celerini e carabinieri “sigillavano” l’area, chiudevano tutte le vie d’accesso e impedivano a chiunque il passaggio.
Una trentina di uomini della digos è entrata nel palazzo e ha cominciato le operazioni di sgombero ed identificazione dei presenti.
Come pretesto è stata adottata un’ordinanza di inagibilità che ne ha “rinnovato” una precedente risalente al 2005, a cui era seguito lo svuotamento ed il ricollocamento delle associazioni che lì avevano sede.
Per noi la motivazione reale degli sfratti di allora è un tentativo di speculazione non andato a buon fine (in effetti lo stabile è stato messo all’asta un paio di volte senza trovare nessun acquirente). Tuttora rientrerebbe nella lista di beni pubblici che l’amministrazione vorrebbe alienare per fare cassa in questo momento di crisi economica.
Il gruppo di architetti e ingegneri solidali che ha svolto insieme a noi i sopralluoghi non ha ravvisato motivi di reale pericolo: con loro abbiamo stabilito un piano di interventi mirati di cui abbiamo sostanzialmente ultimato il primo step. Inoltre un’eventuale situazione di pericolo di quel palazzo coinvolgerebbe i palazzi circostanti, ad esso collegati. Se di pericolo reale si trattasse, perchè lo sgombero è avvenuto dopo nove mesi?
Forse perchè l’inagibilità è solo un pretesto?
O forse perchè ad agosto la città si svuota e i mandanti non si aspettavano una possibile risposta?
O forse perchè i compagni e le compagne della casa sono fortemente presenti nei presidi in Valpolcevera contro il terzo valico e creano significativi rapporti di condivisione con gli abitanti di quelle zone, che i soliti speculatori vorrebbero devastare con l’ennesima inutile grande opera? Forse vogliono distoglierci da quella lotta?
Il reale motivo dello sgombero di ieri, in ogni caso, va individuato nella volontà di cancellare un’esperienza rivoluzionaria di autogestione, non mediata da alcun rapporto con le istituzioni, riproducibile in quanto esempio per altre persone che cercano forme di opposizione sociale ad un sistema in crisi che pretende di stritolarci con i suoi ultimi colpi di coda.
Questo tentativo non è andato a buon fine.
In completa sintonia con la fase storica che tutto il mondo sta attraversando, abbiamo contrapposto l’autorganizzazione, l’autonomia e la lotta agli interessi delle banche, di padroni, politici, speculatori e guerrafondai, alla rassegnazione, alla devastazione ambientale ed al saccheggio sociale.
Questa è la nostra ricetta contro una crisi che non ci appartiene e che non abbiamo nessuna intenzione di pagare.
L’avevamo scritto mesi fa su uno striscione:
NON SI PUO’ FERMARE IL VENTO CI FATE SOLO PERDERE TEMPO.
E infatti…
Dalle prime ore dello sgombero, un gruppo di persone si è radunato davanti ai cordoni della celere, urlando la propria rabbia. Sono stati caricati due volte.
Intorno alle 17 dopo che gli occupanti portavano via il possibile tra gli effetti personali e alcuni fabbri insieme a operai della Switch provvedevano a chiudere con lastre di ferro tutti gli accessi al piano terra e al primo piano, un corteo di alcune centinaia di persone ha percorso i vicoli per denunciare l’accaduto e ha terminato il suo percorso in piazza delle Vigne, dove è stato occupato il palazzo al numero 4, anche questo vuoto da anni e abbandonato al degrado. Tutti i progetti ipotizzati intorno ad esso non hanno nessuna reale utilità sociale.
Risibile l’ipotesi ventilata dai giornali della costruzione al suo interno di un museo del cioccolato (!).
Crediamo che siano più importanti le abitazioni per chi ne ha bisogno e la prosecuzione delle attività e dei laboratori attivi in via dei Giustiniani, unitamente al continuamento degli interventi politici.
Se costruiamo attività sociali e le consideriamo così importanti non è perchè le riteniamo utili in quanto palliativo al progressivo immiserimento, ma perchè crediamo che attraverso la sperimentazione collettiva autonoma possiamo immaginare, insieme a chi vuol fare un po’ di strada con noi, forme di conflitto e di costruzione per una reale alternativa al sistema economico dominante.
Senza nulla domandare o elemosinare alle istituzioni e ai difensori dello stato di cose presente, quello che vogliamo avere è quello che riusciremo a prenderci.
Alla tavola di questo sistema non ci sediamo, la vogliamo ribaltare.

I COMPAGNI E LE COMPAGNE DI GIUSTINIANI 19

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TERZO VALICO E CASE OCCUPATE, NON UN PASSO INDIETRO

Questa mattina, 7 agosto, intorno alle 9 la Digos di Genova ha trattenuto un compagno che si era recato in questura per le firme quotidiane a cui è costretto, spogliandolo e sequestrandogli le chiavi della casa occupata di via dei Giustiniani 19 e il cellulare in modo che non potesse avvisare i compagni. A quel punto poliziotti, Digos e scientifica, sono entrati nella casa con le chiavi, mentre altri si son calati dal tetto. La casa, occupata il 29 ottobre scorso, è stata sgomberata. Sotto il posto si sono subito recati numerosi solidali che son stati caricati due volte. E’ molto importante sottolineare che proprio in questi giorni a Genova, in Val Polcevera, sono in atto gli espropri ad opera del COCIV e della Questura per la realizzazione del Terzo Valico. Espropri che fino ad ora, son stati tutti respinti dai NoTav e dagli abitanti delle zone da espropriare, tramite presidi permanenti e molto partecipati. Anche in questo momento son in atto quattro blocchi, due a Trasta, uno a Borgo Fornari e uno a Ceranesi. E’ evidente che la politica infame che sottointende gli espropri per la realizzazione del Terzo Valico e lo sgombero di una casa occupata in centro città, da parte della giunta di Marco Doria e della questura genovese, sia la stessa, e che quest’operazione sia rivolta ad intimidire le mobilitazione di questi giorni. In risposta allo sgombero è stato occupato un palazzo in piazza delle Vigne 4, per stasera è prevista un’assemblea per organizzare nuove mobilitazioni e momenti di condivisione. Invitiamo chiunque a venire a Genova ad appoggiare i blocchi contro gli espropri e le iniziative della Casa Occupata.
Giù le mani dalle case occupate e dalle valli in lotta.
Nei prossimi giorni farà molto caldo!

CASA OCCUPATA GIUSTINIANI19

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